lunedì 15 marzo 2010

CAMPERO A TUTTO CAMPO. INCANTA LA PLATEA!



Un'energia inversamente proporzionale alle sue dimensioni fisiche. Ha parlato per un'ora e mezza, la mattina in Fiera a Pordenone nel Convegno organizzato dal Consorzio Apicoltori di Pn. Frenato dal moderatore Prof. Frilli che logicamente doveva far rispettare i tempi del Convegno, ha dato il meglio di sè nel pomeriggio alla Sala Convegni del Villaggio del Fanciullo nell'extra-time del suo intervento: altre due ore e mezza nelle quali ha veramente affrontato a 360° il mondo dell'apicoltura.
Ha esposto con la semplicità e l'umiltà che caratterizzano le persone di sapere, di scienza...ma anche di pratica, tanta pratica, tanta osservazione e rispetto nei confronti dell'ape e della natura.
Fare una sintesi delle due relazione è impresa quanto mai ardua. Ci proverò.
Innanzitutto Campero utilizza un linguaggio un attimo diverso da quello convenzionale. Parla di superorganismo e non di famiglia di api, parla di superorg. a sesso femminile costante per la famiglia senza fuchi e di ermafrodita periodico nel periodo di allevamento fuchi.
La rigenerazione è la normale covata che fà la regina e se quest'ultima viene sostituita sempre di rigenerazione del superorganismo alveare si tratta.
La gravidanza invece è la sciamatura, il parto di questo superorganismo, la sua riproduzione.
Procediamo ora con un po' di ordine. In questo mese controllando l'apiario notiamo famiglie molto squilibrate. Campero non ama il pareggiamento delle famiglie. Parla di riordino dell'apiario. Dalle famiglie scarse estrae la regina con un pugno di api e le mette su un piccolo nucleo in parcheggio. I restanti favi con api (orfani) vengono lasciati dove stanno per almeno 24 ore perchè si rendano conto dell'orfanità e poi vengono riuniti con un altra famiglia. La famiglia forte produce calore, più calore più covata. In queste situazioni il suo telaino T3 funziona bene.
Quando l'alveare ha la spinta per diventare ermafrodita si prepara per la riproduzione allevando un gran numero di celle da fuco. Lo spazio destinato ai fuchi in un bugno villico è tutto su una porzione di favo. Noi abbiamo invece nei nostri alveari molti favi con celle a fuco sparpagliate. Facciamo il gioco della varroa. Lavorando con regolarità con il T3 diamo spazio alla costruzione dei fuchi e i restanti telaini verranno costruiti interamente a covata femminile. Il T3, telaino trappola non è altro che un telaino con la porzione superiore occupata da una tavoletta orizzontale di legno di 6 cm spessore 28 mm che impedisce alle api di deporre miele. Il restante spazio è diviso in tre parti, due di queste all'inizio sono coperte da due tavolette di legno ingegnosamente bloccate. Il terzo settore libero viene posizionato nella parte anteriore dell'alveare. Lì le api, se hanno questa spinta, dovrebbero costruire celle da fuco. Il T3 si posiziona se la famiglia ha 4 favi di covata, lateralmente alla stessa, se ne ha sei si può posizionare al centro. Dopo 7 gg controllo la costruzione e se è costruita a fuchi libero un'altra porzione di telaino. Così dopo altri 7 gg. Nella successiva visita comincia il taglio dei fuchi. Il telaino trappola comincia ad asportare varroa. Si noti che ogni varroa ad inizio stagione equivale a 100 varroe a fine stagione!!!
L'aspetto fondamentale è che il T3 funziona da indicatore della famiglia, basta leggerlo...e saperlo leggere naturalmente. Ci vengono in aiuto in questo caso le numerose pubblicazioni di M. Campero.
Quindi si visita ogni 7 gg., più si avvicina il periodo della sciamatura più si accorciano i tempi tra una visita e l'altra fino ad arrivare ai 5 gg del periodo sciamatorio.
I favi ritagliati si mettono in un secchio munito di coperchio e vengono scerati. Questa cera è la migliore!!
Nel periodo dell'acacia se le api non costruiscono più meglio togliere il T3 e rimetterlo appena finisce l'importazione.
Se l'alveare entra in febbre sciamatoria, ci accorgiamo che non costruisce più. Non produce cera, non importa nettare, cessa di alimentare la regina che assotiglia il suo addome e rallenta la deposizione. In questo caso è inutile prolungare la febbre sciamatoria, Campero suggerisce la Messa a sciame della famiglia. In pratica si tolgono tutti i favi di covata con un certo quantitativo di api giovani e si spostano in una nuova arnia spostandola di alcuni metri. Le bottinatrici (Campero non ama neppure questo termine, preferisce raccoglitrici, meno dispregiativo) torneranno nel ceppo originale. Vengono forniti due, tre fogli cerei che con i due di scorte fanno 5 due diaframmi, escludiregina e melario. Ecco uno scaime artificialmente creato dall'apicoltore che ripartirà con ottima spinta.
Se invece succedono delle sciamature naturali, si potrà recuperare lo sciame e metterlo al posto del ceppo originario. Recupererà quindi le bottinatrici. 5 fogli cerei, diaframma escludiregina e melario della famiglia originale. Se questo sciame alleverà celle da fuco significa che vorrà sostituire la regina come spesso accade nelle sciamature. Potrà recuperare il T3.
In tutti questi casi il ceppo con il T3 è un tesoro che si presta a svariati utilizzi. Le numerose celle reali devono essere impiegate già nelle prime 12 ore, altrimenti le poche api rimaste salvano solo una cella reale e le altre le fanno fuori. Quindi poche idee....ma ben chiare da subito.
Questa messa a sciame può essere anche sistematica.
E' evidente che l'alveare messo a sciame non ha covata e si presta ad un trattamento. I favi che compongono il vecchio ceppo e che dovranno farsi la regina possono anche essere riuniti utilizzando le regine messe in parcheggio. Ve le ricordate ?
Se invece aspettiamo che si faccia la nuova regina, una volta sfarfallata la covata abbiamo una situazione ideale per trattare.
Trattare con cosa? Campero ci ha confidato che tratta da un po' con l'acido lattico. Ben tollerato dalle api, non le avvelena, di facile preparazione (1-1-1 1kg. di acqua, 1kg di zucchero, 1kg. di acido lattico) si somministra con le stesse modalità dell'ossalico sgoggiolato.
Se la famiglia costruisce molto da fuco, posso sfruttare questo istinto e inserire un telaino da nido vuoto che verrà costruito interamente da fuco e che poi noi asporteremo o utilizzeremo quando la covata è recettiva in un'altra famiglia.
Stimolato da numerose domande M. Campero ha spiegato nei minimi particolari come si comportano gli sciami selvatici.
Stimolato da una domanda sul metodo Mussi ha risposto con franchezza dicendo che rispetta il metodo e considera un amico il Signor Mussi ma non è per niente convinto della sua validità e che non funziona se associato con il T3 in quanto le api costruiscono rispettando lo spazio a 37 mm, pertanto costruiscono male.
Consiglia inoltre di recuperare la distanza tra i telaini utilizzando i distanziatori da 12 favi tagliando gli ultimi due spazi. Anche il melario secondo lui dovrebbe essere da 10 favi e non da 9 in quanto le api asciugano con più difficoltà il miele.

Campero ci ha veramente affascinato. Il Consorzio Apicoltori di Pordenone ha veramente colto nel segno, la folta partecipazione ne è testimonianza.





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